Guglielmo Aprile tre Poesie
Presentiamo tre poesie tratte da “Immane e oscuro” di Guglielmo Aprile, Oedipus edizioni, tre composizioni che rappresentano i tre punti salienti di tutta la raccolta. Aprile ci porta, in una tensione oggi non usuale, nella sua personale visione dell’origine, uno spazio dove al mito e l’onirico, da cui emerge la presenza del numinoso e di un informe elementare, si aggiungono pressioni psicologiche contemporanee attraverso cui l’uomo in bilico del presente si rapporta alla narrazione di una genesi. È un procedere da una dura oscurità, una poetica del flusso. I versi si riversano continui con le loro suggestioni ritmiche, i concetti riemergono ripetuti per effrazioni. Difficile non pensare ad un certo simbolismo e ad un utilizzo aperto e al tempo stesso classico del verso. Certamente il discorso sul farsi dell’origine ha a che fare con il discorso sulla natura che Aprile pratica. Il punto di svolta è in “Sirena”, una sorta di accettazione del dramma e della vita, una rigenerazione del / dal fuoco, che emerge poi anche come luce insieme ad un elemento verde ora vitale, “espansivo”, prossimo ad una elevazione immanente che trova voce nel finale.
Dovendo progettare è meglio esigere.
Tutti piani, questi, che consideriamo importanti proprio di fronte all’impoverimento dell’ordine del simbolico e alla necessità di recuperare un incantamento della realtà non eroico, non sublimante e certamente complesso da reinventare. Questo il motivo della scelta, buona lettura.
Silvio Talamo
Prima alba
La prima alba videro,
che con labbra tonanti
un bacio di fulmini impresse
sull’orizzonte, e il sonno
infranse dei mari e stanò
dalle acque la prole
variegata delle isole;
e il popolo delle foreste
erompere dalle ossa
del suolo umido videro,
e il greve informe grembo
che gravido del seme
del sole e delle piogge
dal buio partorì
con doglie di frane e di lave
la progenie ciclopica
regnante su tutta la terra;
rocce, perdute ave
del pianeta,
soggiogate gorgoni,
ciascuna messaggera
del tempestoso tempo
in cui vivi e giovani erano
fiumi e alberi e monti:
risuonano i vostri racconti
nell’infuocata scia
della cometa
e nel calmo zodiaco
che sulle sue palme di seta
conduce i mondi.
Sirena
Non teme altezza
la roccia protesa a strapiombo
sull’orlo del dirupo.
Sulla china paurosa,
aggrappato alla pietra
che sdrucciola, con unghie
tenaci, un magro cespuglio
spinoso, dalle foglie
riarse, fissa immobile
il baratro del cielo
e resiste, sprezzante
dell’oltraggio dei venti:
orgoglioso, paziente
in silenzio resiste
alla buia sirena
che abita l’abisso
e dalle vertigini invita
a chiudere gli occhi, ad arrendersi.
Axis mundi
C’è un battito nascosto
che il tempo detta alla danza
della notte e dell’alba,
che i banchi di pesci
nell’identico posto
riporta dove nacquero,
che palpita sotto la vena,
che solleva le acque
e in pioggia le rovescia;
la luna che ora è piena
muterà in luna nuova,
il seme si fa pianta
e questa seme, gli aironi ricordano
dove hanno deposto le uova
e ogni anno vi ritornano;
tutto fa come l’onda
che si alza si schianta
e si riforma, tutto è il gioco
del bambino che plasma
instancabili forme con la sabbia;
e in cerchio si muovono i mondi
intorno ad un centro di fuoco:
le piste che non cambiano
di cacciatore e preda,
i dervisci coi loro girotondi,
i megaliti nel suolo,
gli alisei e il loro volo, la cometa
che insegue la sua scia,
la via che batte l’Orsa
per il cielo, la corsa
millenaria dello zodiaco
e il rivolo che affonda nel tombino:
raggi di un disco che ruota
e aghi di un solo pino,
echi di quella sinfonia
di cui ogni vita è una nota.
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