Fondazione di Giorgio Anastasia e la Re-Beat napoletana
di Silvio Talamo
Abbiamo conosciuto Giorgio Anastasia, prima ancora che grazie alla sua parola stampata, per via della sua parola parlata, quella detta. Probabilmente molti lo ricordano più di vent’anni fa recitare versi in qualche piccolo e improbabile circoletto della Napoli underground, un ambiente in grossa fibrillazione culturale e politica in una esplosione di vivacità artistiche che a distanza di tanto tempo si sono disperse ma non affatto assorbite. Lo ricordiamo, in un misto di progettualità e disordine, durante i suoi reading con il gruppo Zufu oppure nelle occasioni poetiche cresciute intorno alla edizioni Dedalus di Emilio Piccolo, poeta che purtroppo ci ha prematuramente lasciato. Lo ricordiamo durante le serate alcoliche del Cerriglio, assurdo teatrino, nascosto e incastonato nei meandri della zona universitaria. Lo ricordiamo con i suoi capelli arruffati e nell’incedere progressivo della sua parlata che è rimasta ancora inalterata.
Lo abbiamo ritrovato, lo scorso maggio, alla presentazione del suo ultimo libro di poesie “Fondazione” sul palco dell’Asilo Filangieri che ha più volte ospitato maratone di interventi artistici, soprattutto grazie alla passione del collettivo Valvola. Il libro si apre con una prefazione di Celeste Ianniciello ed una introduzione di Diana Marrone. Si chiude con postfazione di Laura De Masi; in mezzo, tra le poesie, le foto di Salvatore Petrilli. Abbiamo sentito citare, durante la presentazione zeppa di ospiti, i nomi di Bukowski (eternamente presente con i suoi deliri da sbronza che tutto risolvono) e Hirschman, giustamente richiamato per l’eredità che in America e nel mondo ha raccolto della Beat. Ma i nomi che popolano i versi dell’opera sono tuttavia, forse principalmente, i nomi di una comunità di amici, una comunità metropolitana, amici che vivono un quartiere della storia, dell’anima sempre in sospensione e della città concreta: quello del centro storico richiamato nei suoi punti più forti di relazione, i punti di passaggio di una notte come il Super Fly, Perditempo, Artestesa (che ne cura l’edizione), la piccola Boutique Sun Ra …
Soprattutto, però, chi è Tiù? Ci si domanda subito. Chi è questa donna, una presenza che torna con insistenza dolcemente morbosa, il ricettacolo della passione del poeta che passa percorrendo le geografie della sua mente, dei suoi legami, dei percorsi che i versi sfogliano, versi nati quasi come appunti diaristici segnati a margine della serata e che lo scrivente, semplicemente, sembra annotare?
Giorgio Anastasia, per lui orgogliosamente, non è certo un poeta accademico, ma del resto, di questa diade: poeta ed accademico, è il primo indicato quello che interessa. Continua a colpirci la sua vitalità, il tentativo di mantenere vivo, in un impatto immediato con l’altro, con la sua comunità, con le vicende che ci varcano e non saziano, il senso di uno scrivere che non si arrende, fortunatamente, all’aridità del nostro contemporaneo, dopo lo smacco ed il riflusso delle utopie artistiche del secolo scorso.
Succede davvero qualcosa? Forse sì, forse no.
La sua incarna una sorta di Re-Beat napoletana troppo attenta per essere unicamente Bukowskiana ma alla fine troppo disinteressata per essere solitariamente letteraria.
Tiù forse è un po’ ovunque, tra un noi che bisogna curare ad ogni uscita serale per offrirci il proprio sguardo di impalpabili concretezze, così come la poesia fa e non conta in che modo.
Conta il fondamento e non il criterio.
Di seguito una poesia e qualche estratto.
Silvio Talamo
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Fuori un universo ribelle
con carne e corpi a scontrarsi
a premere forte sarà il dolore
che ci rispecchia
non verrà risparmiato il silenzio
siamo gli scampati
quelli venuti dal buio
con gli spilli negli occhi
e coltelli capovolti
a difendere le utopie fuse
gli amori smarriti
e per le interminabili volte che ti ritrovo
è una rivelazione il vento di maggio
che arriva dentro ai corridoi
sbattendo finestre e cuori
scaldando lo stesso punto
un bersaglio intorno a te
** ** **
Non esistono amori impossibili ma
amori possibili diventati impossibili
la colpa è delle paure […]
** ** **
[…] avevamo una prova riportare
le conversazioni per non scordare
gli aggettivi e le parole imparate
non sempre ci siamo riusciti per necessità
o più semplicemente perché traditi […]
** ** **
[…] con altalene scivoli e arrampicate
perdersi come solo i bimbi sanno fare
ma Tiù sa di essere grande